Taccuini - 9788838934926

Taccuini: Sergej Dovlatov, umorista leningradese di origine ebraico-armena, distingueva tra il narratore e lo scrittore. " Il narratore parla di come la gente vive, lo scrittore del motivo per il quale vivere". Lui si sentiva un narratore. "Le cose divertenti, Sergej non le inventava - scrisse di lui un amico - le trovava. Scovava l'umorismo esattamente nei luoghi in cui nessuno l'avrebbe cercato". Fu costretto a emigrare alla fine degli anni Settanta dall'Unione Sovietica per il suo atteggiamento anticonformista e per quello che scriveva (racconti clandestini sulla sua vita di letterato spiantato in giro tra i paradossi quotidiani, di cui era contemporaneamente protagonista e narratore). Quando andò in esilio a New York non dovette cambiare di molto l'ispirazione del suo umorismo; i temi universali: l'uomo, l'assurdo, la grandezza poetica di chi resiste nel suo piccolo all'omologazione, il "regime" vero interno a ciascuno ossia la piattezza esistenziale. Il suo sguardo spogliava ridendo il totalitarismo burocratico del socialismo realizzato, e successivamente il consumismo immemore del capitalismo senz'anima. E in entrambi i casi il suo amaro sorriso riesce in una specie di miracolo lirico: una forza scettica, paradossale, che destruttura il senso comune, a mostrare l'assurdo cuore del conformismo, ma che contemporaneamente trasmette un inebriante desiderio di tolleranza, di fratellanza con tutti.
Sergei Dovlatov, comedian leningradese Jewish-Armenian origin, distinguished between the narrator and the writer. "The Narrator talks about how people live, the writer why live." He felt himself a storyteller. "The fun stuff, Sergey not invented-wrote of him a friend-stood. One would seek out the humor in exactly the places where nobody would try. " He was forced to emigrate in the late 1970s by the Soviet Union for his non-conformist attitude and what I wrote (clandestine stories about his life of literate Street Hustler around paradoxes newspapers, which was both protagonist and Narrator). When he went into exile in New York didn't have to change much the inspiration of his humor; the universal themes: the man, the absurd, poetic grandeur of who resists in her little approval, the "regime" true inside each ??? the existential flatness. Her look undressed laughing bureaucratic totalitarianism of socialism realized, and subsequently consumerism immemorial soulless capitalism. And in both cases his bitter smile manages in a kind of lyrical miracle: a skeptical, ironic, that deconstructs common sense, to show the absurd heart of conformism, but that simultaneously conveys a heady desire for tolerance, of brotherhood with all.